L’uomo in Cristo. Una lettura dell’antropologia di Hans Urs von Balthasar
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Abstract
Un passaggio obbligato dell’antropologia del ’900 è da percorrere attraverso gli scritti di Hans Urs von Balthasar, che ha dato nuova intensità alla teologia per la sua riflessione propriamente analitica, stesa in una tessitura unificata. Egli recupera l’unità del discorso teologico che tiene insieme il dato rivelato fondamentale e la piena apertura dello spirito, per superare il puro argomentare razionale e giungere così fino a una autentica teologia dell’adorazione del mistero, che tanto la ragione dell’uomo è portato a cercare. L’incontro con la Scrittura è il momento determinante dell’accoglienza del Dio rivelato, autentica e personale, diretta e anche fisica con Dio che vuole comunicare se stesso. La strutturazione della teologia di questo autore si delinea coerentemente attorno ai punti fermi dei trascendentali: il bello, il buono, il vero e l’uno. Il bello nella prospettiva di Balthasar è ciò che attira l’uomo, fa brillare ciò che è nobile e glorioso, quindi attraendo l’uomo lo pone in estasi; qui è richiesto uno sguardo contemplativo e amante in cui non è possibile fermarsi e sostare ma dove egli conosce e accoglie fino a farle proprie le verità che dio vuole rivelare. Contemplando Dio nella sua gloria, intesa come la doxa giovannea, irradiazione dello stesso essere divino, lo sguardo dell’osservatore accogliente del mistero si apre senza condizionamenti. Questo primo passo della creatura dinanzi al Creatore, fatto dalla percezione dell’oggetto — teologia fondamentale ed estasi della dogmatica — introduce alla progressiva conoscenza di Dio e mette in rapporto l’uomo con il mistero di Dio che si vuole far conoscere. La teo-drammatica esprime proprio il passaggio coerente dal bello (pulchrum) al vero (verum). Tra il vedere e il dire bisogna inserire il buono (bonum); è il buono che, infatti, permette di conoscere la donazione gratuita di dio e la risposta dell’uomo, nella sua identità personale libera. Lo scopo unico del dramma è superare gli schemi della “maschera” e promuovere l’incontro rivelatore tra la persona umana e Dio, trasformando l’avvenimento in un’immagine visibile. Il bello è altresì il luogo in cui è possibile contemplare l’unità nella sua armonia, in cui la verità è espressa iconicamente.
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