E’ possibile pensare un ‘Dio crocefisso’?
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Abstract
Gli impliciti di questo interrogativo sono veramente innumerevoli e la risposta immediata che viene alla mente è certamente negativa: Non è possibile pensare un ‘Dio crocefisso’. E questo prima che per ogni altra motivazione, perché non è possibile pensare Dio. Tuttavia, questa impossibilità è talmente particolare che è insieme ciò che appartiene a Dio e il luogo che rende possibile l’evento di ogni rivelazione possibile. Dio è l’aldilà del pensabile, ma al tempo stesso è l’esigenza fondamentale del pensiero. Pensare è in qualche modo pensare l’Assoluto. Kant, nel pensiero moderno, ha mostrato la differenza radicale che esiste tra conoscere e pensare. Al primo appartiene tutto ciò che può essere oggetto d’esperienza e di cui quindi è possibile costruire un concetto; il secondo ha invece come proprio ‘oggetto’ ciò che non potrà mai diventare ‘oggetto d’esperienza’ perché il suo orizzonte è quello dell’incondizionato. Sarebbe particolarmente interessante e istruttivo ripercorrere la storia della tradizione, almeno occidentale, sull’inconoscibilità di Dio, che non significa semplicemente negazione di Dio o agnosticismo, bensì affermazione di una trascendenza irriducibile al piano dell’oggettività, e, tuttavia, per utilizzare un linguaggio paradossale, un oggetto assoluto. Nella possibilità di pensare un Dio crocefisso è detta immediatamente un’altra verità altrettanto paradossale e difficile da pensare e che però fa pensare: un Dio-uomo, perché soltanto un Dio siffatto può soffrire e morire. È la grande questione dell’incarnazione, impossibile da pensare nell’ottica della giustificazione razionale, del rendere ragione. Qual è il senso che si manifesta nella decisione di un Dio di farsi uomo? È più facilmente comprensibile il tentativo che l’uomo fa, o può fare, di assolutizzare se stesso in un processo di divinizzazione che, tuttavia, permane a un livello di inattingibilità dell’assoluto, perché impossibile. Feuerbach ha ben messo in risalto questo movimento, ma, a mio avviso, ne ha immediatamente mostrati anche l’inautenticità e quindi il limite. L’uomo che si fa Dio non sarà mai Dio perché non potrà mai esserlo; al contrario, Dio che si fa uomo è, secondo una radicale logica della possibilità che vedremo, autenticamente uomo, senza, tuttavia poter rinnegare la sua natura di Dio, che implicherebbe una contraddizione assoluta. Una questione ulteriore che ci si presenta è sul perché dell’incarnazione che, a sua volta, rimanda e implica la questione della redenzione, ma qui ci muoviamo in un territorio di confine tra filosofia e teologia. Il filosofo può soltanto accogliere gli interrogativi che la rivelazione pone e cercare di penetrare in un orizzonte di senso che lasci però aperto lo spazio kerygmatico misterioso della rivelazione che, in quanto tale, è l’oltre e l’altro della ragione. la logica della croce in cui trova compimento l’incarnazione, secondo la rivelazione cristiana, è una logica paradossale in cui si manifesta l’inaudito.
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